La SIPP aderisce alla Federazione Italiana Società Scientifiche Psicologia (FISSP) e collabora stabilmente con il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi (CNOP) e con l'Associazione Unitaria Psicologi Italiani (AUPI).
Su proposta del CNPPI (Coordinamento Nazionale Psicologi Penitenziari Italiani) un gruppo di psicologi ha costituito a Roma nel 2003, con atto notarile, la Società Italiana di Psicologia
Penitenziaria (S.I.P.P.) a partire dalla esigenza di avviare una riflesssione etica e scientifica sul lavoro degli psicologi in ambito penitenziario e nella giustizia minorile.
La psicologia penitenziaria è una disciplina recente che si è sviluppata prevalentemente negli ultimi 30 e che sta conquistando una propria autonomia in base alla specifica individuazione
dell’identità del campo scientifico; ad una importante esperienza maturata; alla nascita di associazioni e alla istituzione del primo corso di perfezionamento post universitario.
Con psicologia penitenziaria, espressione più adeguata rispetto a psicologia rieducativa o correzionale o carceraria, intendiamo l’applicazione della psicologia nella fase dell’esecuzione della pena
negli istituti penitenziari, nella fase dell’esecuzione penale esterna e nella giustizia minorile.
Tale applicazione riguarda i detenuti, il personale e l’istituzione.
La psicologia penitenziaria è, quindi, una specifica applicazione della psicologia che si trova ad un incrocio complesso tra la richiesta dell'istituzione e quella del soggetto, tra "curare" e
"punire", tra esigenze "sanitarie" e "giudiziarie".
All'interno di tale complessità si vuole contribuire al potenziamento di "una dimensione nuova: la lettura dell'uomo secondo le dinamiche psicologiche e anche quelle dell'inconscio" anche attraverso
l' esperienza di chi opera quotidianamente "dietro le sbarre".
Si propone di dare impulso alla dimensione soggettiva e non all’equazione reato = persona (all’identificazione del reo con il suo reato) che tende a mettere in secondo piano le dinamiche
psicologiche, le motivazioni, le aree problematiche della personalità e quelle parti sane del Sé sulle quali far leva per aprire un circuito verso la crescita psicologica e l’assunzione di
responsabilità.
Il recupero della soggettività diviene strumento fondamentale soprattutto nei casi in cui, essendo le problematiche di devianza e la pericolosità sociale maggiori, non è possibile pensare a modalità
di esecuzione penale diverse da quella intramuraria.
In una istituzione ove si è fatto molto per superare la logica del “sorvegliare e punire”, la psicologia penitenziaria può fornire un valido contributo per consolidare un modello di esecuzione della
pena inteso come laboratorio di esperienze relazionali e formative, orientato in una prospettiva progettuale che coinvolga sia il soggetto che l’istituzione quale garante di tale
percorso.
La Sipp vuole creare innanzitutto uno spazio aperto di confronto e di collaborazione tra psicologi che spesso hanno lavorato in modo isolato e senza possibilità di confronto con altri colleghi e con
gli Ordini Professionali, con le Società Scientifiche e con quanti a diverso titolo si occupano di problematiche penitenziarie e giustizia minorile;
sviluppare momenti di riflessione teorica e clinica; avviare progetti di ricerca e di formazione; costituire una rappresentanza unitaria di tutti gli psicologi penitenziari (esperti e di ruolo) per
poter essere un interlocutore credibile delle istituzioni (soprattutto in fase complessa come quella attuale in cui è in discussione la possibilità di poter continuare ad esercitare in modo dignitoso
il nostro lavoro).
Il nostro intento è quello di sviluppare una moderna psicologia penitenziaria, ricordando che esistono tre mestieri impossibili come "curare, governare, educare" e che l'intervento psicologico sulla
"mente incarcerata" è sicuramente un mestiere impossibile, ma proprio per questo costituisce una nuova frontiera e una importante sfida umana e professionale.